Le mattine d’estate facevo colazione con il latte e la cannuccia, per fare le bolle, e mi piaceva sentire il borbottìo provocato dal mio soffio.
Per prima cosa indossavo i miei zoccoletti di legno, con una fascetta rossa di pelle con disegno a ricamo, consumati dalla sabbia e dalle corse, e ogni giorno rischiavo di slogarmi la caviglia, una volta sono anche scivolata dalle scale, tutta una rampa in volata, ma non rinunciavo mai a loro.
Mi vestivo e andavo “o palmentu”, che era l’azienda vinicola dove mio padre e i miei zii già lavoravano da ore, sotto l’attenta supervisione del nonno. Riuscivo a sentire anche dal balcone il rumore delle bottiglie di vetro, quelle verdi, col tappo a corona, per il vino da tavola, che mi concedevano senza troppa fatica, da bere con le pesche gialle inzuppate dentro, e che a ogni morso mi ritrovavo con le righe di vino e succo di pesca a scendermi giù per il collo e a farmi il solletico.
Appena arrivavo avevo un rituale. Mi piantavo di fronte alle grandi botti di legno scuro, nel silenzio ovattato da queste giganti generose. Stavo lì, ferma ad osservarle, e sentivo i profumi più buoni di sempre, che ancora mi pungono il naso, e il cuore.

Tra questi, riconoscevo, inconfondibile, lo zibibbo, e già pregustavo i sorsi che avrei rubato. Prendevo lo sgabello, attenta a non fare troppo rumore. Non mi avrebbe mai scoperta nessuno, tanto erano intenti a lavorare intorno allo sbattere delle bottiglie di vetro, ma io mi aggiravo ugualmente furtiva e silenziosa. Prendevo dalla credenza un bicchiere di vetro, di quelli da osteria, snelli alla base e che si aprivano in alto. Lo sceglievo tra quelli piccoli, così mi sentivo menocolpevole di ciò che stavo per compiere. Andavo di fronte alla botte, riuscivo a sentire i battiti del mio cuore. Aprivo la margherita, piano piano, così da far scendere solo un filo dorato di zibibbo. Ne bevevo qualche sorso, e sentendo tutta quella dolcezza di miele mi rassicuravo che non poteva essere nulla di male una cosa così dolce.
Riponevo il bicchiere nel lavandino, accanto a tutti gli altri dei signori che venivano ad assaggiare il vino che avrebbero comprato, e andavo via, a casa, al mare o chissà dove.
Sono trascorsi tanti anni e mi accompagna sempre la dolcezza di quei momenti trascorsi nell’azienda vinicola di famiglia, grazie alla quale ho respirato il lavoro, la passione, l’impegno che ha portato la @casavinicolacriserà ad essere un riferimento delle eccellenze vinicole prodotte soprattutto nell’area della Costa Viola, dove i vigneti si affacciano a strapiombo sul Mar Tirreno. Sono detti proprio “vini del mare” e tra questi, il bianco Costa Viola igt ha ricevuto il premio 5StarsWines del Vinitaly.
Il Greco e lo Chardonnay ne fanno un vino mediterraneo con sentori esotici, che si lascia ricordare per i profumi floreali di glicine e zagara.
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